16 anni di noi
Sei nato in un’estate calda, si sudava e si faticava come in questi giorni di giugno. I primi del mese ero andata a Roma con la nonna, in giro per musei, faccia in su a guardare le bellezze della capitale. Le guardavo per me e per te, mi riempivo di bellezza perché tu ci nuotassi dentro. Portavo in giro la mia pancia come fosse un accessorio e cercavamo nei negozi cose per te che saresti arrivato dopo quasi due mesi…se tutto fosse andato secondo i piani. Abbiamo comprato in un piccolo negozio vicino a Fontana di Trevi la copertina gialla che ti avrebbe accompagnato nei primi mesi e che ancora conservo come cimelio. I miei piedi non stavano più nei sandali, lo attribuivo al caldo, benché tutto fosse successo nel giro di un giorno…avrei scoperto dopo poco che era un segnale evidente che la tua nascita ci avrebbe travolti prima del previsto.
E così è stato.
Dovevi nascere il 26 di luglio, il giorno del compleanno di papà, dovevi nascere leone e invece sei nato il 20 di giugno poco dopo le dieci del mattino, io dormivo. Sedata da un’anestesia totale, necessaria per preservare la nostra salute, terrorizzata per l’inumanità di alcuni medici, in balia degli eventi e lontana anni luce dall’idea di nascita che mi ero immaginata più e più volte per te e per me. E tu sei venuto al mondo perfetto, sollevato dalle mani che ti hanno preso direttamente dalla mia pancia e ti hanno avvolto nei telini ospedalieri e dopo poco ti hanno messo un ciuccio in bocca…grande quasi quanto il tuo faccino meraviglioso. La tua prima foto, rattrappito, con una mano vicino al viso, la tengo a mente. Io ti ho visto solo il giorno dopo, quando papà mi ha indicato nell’acquario della neonatalogia la tua culla e ho capito che la mia vita non sarebbe più stata la stessa.
E oggi ti guardo nel corpo di un sedicenne, gli occhi nei quali mi riconosco, il sorriso che ti illumina, le mani lunghe e sottili con cui cavalchi i tasti del pianoforte, i piedi lunghissimi per i quali ti abbiamo sempre preso in giro, i riccioli che spuntano quando dai ai capelli il tempo per essere abbastanza lunghi da arrotolarsi su se stessi, le magliette che parlano di musica o la camicia nera con cui ti senti il più figo dell’universo…e mi innamoro ogni volta di te. Vedo le imperfezioni, i dettagli fuori posto, gli abbinamenti sbagliati, ma tutto sembra calzarti a pennello: indossi i tuoi sedici anni con quella naturalezza che sa di consapevolezza, ma anche di leggerezza, che ai più manca.
Quando ti parlo, quando ci parliamo, mi dimentico spesso della tua età. Sai coinvolgermi al punto giusto, senza che nulla diventi imbarazzante per te o per me, ma riuscendo a farmi sentire ancora parte integrante della tua vita. Sai che io so. Sai che ti conosco. Sai che il tuo ‘non detto’ non è un segreto per me..oh sì, magari alcune cose non le conosco, né voglio conoscerle – ed è giusto così-, ma le cose importanti, quelle che fanno parte della tua crescita come individuo, come uomo che si affaccia alla vita, le percepisco anche quando non me ne parli. Sai che da me ricevi onestà, franchezza e anche complicità, ma senza mancare all’accudimento di cui ancora talvolta, pur scalciando, senti il bisogno. Sai che non sono una tua amica, se così fosse non potresti allontanarti da me con la certezza di ritrovarmi esattamente dove avrai bisogno e non potresti confrontarti con l’essere adulto di cui necessiti per crescere ancora un po’. Sai che sono la mamma e quando mi chiami ‘madre’ e io ti chiamo ‘figlio’ riassumiamo in quelle due parole tutto l’amore che ci unisce.
Hai una mente brillante e aperta, sei curioso, ti appassioni e ti entusiasmi, non lasci mai che l’esistenza ti passi accanto senza coglierne il soffio vitale. Hai la voglia di provare tutto e di tutto, ma senza incoscienza o, almeno, con quel giusto grado che spero ti proteggerà dagli inciampi più grossi. Hai un cuore sensibile, soffri di empatia (non si guarisce caro figlio, dovrai imparare a conviverci e a gestirla) e sei attento agli altri. Fortunatamente sei maschio, cosa che ti aiuta a stemperare l’eccesso di sensibilità con ironia e concretezza, ma mai con superficialità.
Caro Pietro, l’amore che provo per te e per tuo fratello e l’orgoglio di cui mi riempi il cuore ogni giorno per l’essere umano che sei sono il dono più grande che io potessi ricevere nella vita. Ti auguro un giorno di poterlo provare a tua volta. Intanto goditi i tuoi sedici anni, sfruttane ogni secondo, divertiti, sperimenta, scopri, studia, ridi, piangi se è necessario, incazzati quando è dovuto, non porti dei limiti inutili ma solo quelli indispensabili, dormi (ogni tanto), corri, salta, suona, leggi, parla e soprattutto ascolta e poi pensa con mente aperta e senti con cuore vivo…come sai fare tu.
Sempre la tua mamma.