Non smetto mai di parlare.

12 anni di te

Sei arrivato a me su un taxi azzurro. Si è accostato sulla strada dalla parte opposta a quella in cui ti aspettavamo seduti sui gradini dell’albergo dove alloggiavamo. Quando ti ho visto la prima volta indossavi una maglietta color magenta, un cappellino da sole chiaro e avevi due occhi neri che non lasciavano scampo. Tuo fratello ha sorriso. Tuo padre indossava una camicia. Anche Pietro. Avevi tredici mesi e ti avevamo aspettato per quasi quattro anni. In quella giornata di ottobre, di cui non ricordo nemmeno la data, sei arrivato da noi.

Bastano pochi istanti per amarsi alla follia, poi gli anni non fanno che radicare quel sentimento nel profondo e lasciare che pervada ogni secondo della nostra esistenza e ogni millimetro della nostra pelle.

Sei nato Van Hung e ti abbiamo ribattezzato Thomas Hung. Una scelta, quella del nome, pensata perché non perdessi le radici con il paese dove sei venuto al mondo, ma perché chiamarti non diventasse troppo difficile da rendere ogni inizio più complicato del necessario. Non riuscivamo a pensarti Francesco, Federico, Riccardo o Tommaso: il tuo nome doveva allargare da subito i confini e includere il mondo.

Con il tuo arrivo Pietro è diventato grande. Da un giorno all’altro, senza ritorno, non era più il piccolo di casa, ma il fratello maggiore, quello da cui aspettarsi grandi cose. Tu hai preso il posto del cucciolo, la pulce, come ti chiamo io, insieme ai vestiti che a lui non andavano più bene, al lettino con la rana, allo spazio nel mio letto, che difficilmente abbandoni anche adesso che di centimetri ne hai accumulati un po’.

Hai invaso la nostra vita con l’irruenza di un assalto bellico. Non hai mai lasciato lo spazio per la trattativa o il compromesso, sei entrato e hai preso possesso dello spazio e del tempo. Non abbiamo potuto fare altro che stare a guardare e innamorarci sempre di più di quel sorriso che illumina il tuo sguardo e il mondo intorno, con il compito, spesso ingrato e difficile, di educarti alla vita.

Oggi compi dodici anni e quando è scoccata la mezzanotte hai gridato ‘è il mio compleanno!’. Sì, oggi è il tuo giorno, quello che attendi dal giorno successivo al compleanno precedente. Oggi sarà la scusa per chiedere caramelle, dolci e videogiochi, ancora un minuto, ancora una volta, ancora un po’, dove quel po’ vorresti fosse per sempre.

Ti guardo crescere e osservo ogni cambiamento che accompagna i giorni e gli anni, immaginando quello successivo e ricordando quello precedente. La voglia che tu cresca ogni tanto galoppa, nella speranza e nell’attesa di lasciarci alle spalle le lotte e le discussioni a cui il divano spesso assiste inerme, spogliato dei cuscini lanciati in ogni dove, ma quando affondo il viso nelle tue guance morbide e il tuo essere ancora bambino mi riempie di emozione, lascio da parte la fretta e mi riempio di te.

Tanti auguri amore mio.

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