Due giorni fa ho compiuto diciotto anni anch’io. Diciotto anni da mamma, un traguardo onorevole e degno di essere festeggiato. Essere sopravvissuta ai cambiamenti che arrivano e stravolgono la tua vita con un figlio mi sembra già tanta roba, potermi dire felice e orgogliosa per questo giovane uomo che occasionalmente vedo girare per casa, mi sembra il miglior regalo che la vita potesse farmi.
Cose che ho imparato nei miei primi diciotto anni da madre (ad uso e consumo di chi già lo è, ma anche di chi lo vuole diventare o di chi sceglie di fare altro nella vita)
- Prima di tutto bisogna respirare. Una madre che non respira non serve a niente. Anzi, oltre che essere inutile può essere dannosa, per sé e per gli altri. L’ho imparato il giorno in cui sono nata mamma, una lezione chiara, semplice, diretta, come quelle che la vita sa impartirti senza giri di parole. Quando Pietro è nato e io ero ancora intontita dall’anestesia, in un corridoio in attesa, il papà di Pietro è arrivato da me pieno di gioia negli occhi con una macchina fotografica in mano e mi ha chiesto se lo volevo vedere. Quale regalo più grande. Ma io ho risposto di no, ero concentrata a respirare. La gola bruciava in modo pazzesco infiammata dall’intubazione, il naso completamente tappato, a occhi chiusi l’unica cosa che impegnava ogni mia energia era respirare, sentire l’aria che entrava e usciva dai polmoni e cercare di sovrastare quel dolore e quel terrore che mi pervadeva. Non ero in grado di pensare a nessuno se non al mio respiro. Sapevo che Pietro stava bene, eravamo insieme fino a pochi minuti prima anche se io non lo avevo ancora visto, e quindi era il momento di pensare a me. Una madre che non respira non serve a nessuno. Lezione che mi è tornata utile nella vita, anche quando a bruciare era il cuore e non la gola.
- Tuo figlio non è ‘tuo’, se non legalmente in quanto riconosciuto come tale, ma quell’essere a cui fai da madre è del mondo, come tu sei stata a tua volta quando hai aperto gli occhi nel tuo primo giorno. Questo significa che non puoi accampare pretese di riconoscimento, rimborso, restituzione o pensare che faccia propri quelli che altro non sono che tuoi desideri, sogni e speranze. Il giorno in cui è venuto al mondo ha ricevuto in regalo la sua identità e il suo diritto ad essere se stesso, anche profondamente diverso da te. Questo non ti esautora dal dovere di guidarlo, educarlo alla vita, trasmettergli tutto ciò che ritieni più importante, anche quando ti trovi a fare la domatrice di una tigre del Bengala che manco sapevi come era fatta fino al giorno prima. Sapersi reinventare ogni giorno come madre è fondamentale, dotarsi di un guardaroba alla Mary Poppins con i costumi più disparati da indossare al bisogno è essenziale.
- Quando ti sembra di aver capito come fare ‘bene’ la mamma, è il momento di cambiare modo di farlo. Non si arriva mai a un punto fermo, il processo è in continua evoluzione, per età, indole, influenze esterne, motivazioni, non c’è storia. Ogni giorno è nuovo e saprà spiazzarti in modi imprevisti e imprevedibili. Non ti sentire una schifezza se ti sembrerà di non aver capito nulla, probabilmente è vero, ma già la consapevolezza ti porterà a rimetterti in gioco e ricominciare dalla tabellina dell’uno. Si cresce figli un giorno dopo l’altro, si cresce madri un giorno dopo l’altro. Alle volte semplicemente il fuso orario non è allineato e si può essere un po’ più avanti o un po’ più indietro e si finisce per chiamare quando per l’altro sono le tre di notte, ma fa parte del gioco.
- Fare i genitori è un gioco di squadra. E non parlo solo tra mamma e papà, ma parlo di tutti quelli che entrano nella sfera più intima della vita di famiglia (non di sangue, ma di cuore). Il problema è solo che non c’è un mister che detta gli schemi, sceglie i giocatori per ogni partita, mette in panchina, fa riscaldare e sostituisce, insomma che guarda da esterno l’assetto di gioco, motiva, sostiene e tiene la rotta verso l’obiettivo della vittoria. Qui ciascuno gioca come meglio può e spesso ciascuno pensa di avere la palla ideale per fare goal e lancia troppo presto o troppo tardi e gli altri arrancano al recupero. Questa metafora calcistica (probabilmente sbagliata nella sua essenza perché di calcio non ne capisco nulla) mi sembra adatta in epoca di Europei. Comunque, quando stai correndo da quaranta minuti e ti senti come una trottola impazzita che va avanti, poi torna indietro e poi corre dall’altra parte e della palla neanche l’ombra e non capici cosa stanno facendo tutti, ruba il fischietto all’arbitro, ferma il gioco e riprendi il tuo ruolo da capitano. Quel tempo necessario a guardarsi in faccia, ricordarsi le regole del gioco, i ruoli e poi ricominciare. Perché è vero che l’importante è partecipare, ma vincere è l’obiettivo.
- Non c’è amore più grande di quello che si prova per i figli. E questo è assolutamente vero, anche quando li strozzeresti, anche quando ti feriscono o ti deludono. E’ un amore talmente pervasivo che nemmeno te lo devi ricordare, è lì dentro di te e sovrasta ogni altra cosa. Ma è un amore che trova una corrispondenza a fasi alterne. Preparati a ricevere a tua volta un amore profondissimo, a sentirti fin idolatrata, ma preparati anche ad essere odiata e detestata, consapevole che un figlio può odiarti solo amandoti nel profondo con la certezza che tu sarai sempre lì per lui. Se un figlio ti urla che ti odia, ricordati che significa che sei stata in grado di insegnargli cos’è l’amore e a dargli gli strumenti per riconoscerlo: se così non fosse non potrebbe nemmeno risconoscerne l’assenza. Molto probabilmente quando gli sbloccherai il cellulare ti amerà di nuovo profondamente.
- La mamma non è parte di una democrazia, è più a capo di un governo oligarchico o talvolta dittatoriale. Fino a una certa età ha l’ultima parola, anche quando è una parola che non piace ai figli e non si vorrebbe nemmeno dire. Essere mamma significa fare scelte scomode, assumere posizioni detestabili e detestate, prendere decisioni. Non si decide sempre insieme, si decide insieme quando tutti hanno pari strumenti per poter valutare e decidere e gli strumenti arrivano con l’età, l’esperienza, la maturazione. Un passo alla volta: non si partecipa alla maratona di New York senza fare prima la Corrida di San Gimignano.
- Un’ultima cosa fondamentale: ogni figlio ha una mamma diversa, anche i figli della stessa mamma. Non c’è verso, possiamo seguire idee, principi educativi, obiettivi costanti, ma ci scontreremo con due individui radicalmente diversi che ci richiederanno un adattamento importante. Un mamma con due figli è bipolare per natura, per non parlare di chi ne ha anche di più.
Non si esaurisce certo in questi pochi punti tutto il bagagalio di esperienze, riflessioni e apprendimenti che ho maturato in diciotto anni di età, molto spesso senza nemmeno avere il tempo di rifletterci, ma ciò che sta sopra e prima di tutto è che non mi sono pentita un solo secondo di essere mamma, anche nei momenti più dolorosi e difficili e per questo credo che festeggerò come mi piace fare per ogni cosa bella che meriti di essere festeggiata. Cheers a tutti!