Ieri sera ho letto, tra le varie notizie sui giornali che seguo online, la dichiarazione della Ministra Azzolina sul futuro della scuola a settembre. Una scuola a metà, un po’ in presenza, un po’ in assenza (ops…a distanza), raccontata come fosse una gran figata. Ecco, mi sfugge dove stia la figata di tutto questo. A me è venuto solo un gran magone a pensare che i miei figli, entrambi al passaggio di grado di scuola, perderanno l’emozione del primo giorno in cui si conoscono i compagni nuovi: ne conosceranno la metà (a un metro e più di distanza) e l’altra metà, se andrà tutto bene, la conosceranno sei mesi dopo. Conosceranno alcuni professori prima in video che di persona e loro, a loro volta, saranno prima conosciuti come facce davanti a un monitor privi di tutta la loro persona che è fatta di gesti, movimenti, ammiccamenti, chiacchiere, magliette di gruppi rock o underground, back flip tentati a rischio del collo, risate chiassose e aiuto ai compagni.
Certo, capisco molto bene, che la salute viene prima e che, per come è la scuola oggi (sia in termini logistico-strutturali che in termini organizzativi), non ci siano molte alternative, ma, cazzo (scusate!) almeno un ‘ci dispiace, non possiamo offrirvi di meglio, ma sappiamo che non è abbastanza’ qualcuno potrebbe gentilmente dirlo ai miei figli e a tutti gli studenti che sono stati lasciati in stand-by in attesa?
Mi chiedo ancora, ma i professori saranno ‘formati’ per gestire le classi spaccate in due che però dovranno riuscire a crescere insieme (questo è il compito della scuola no, oltre all’acquisizione di nozioni – ovvio)? Chi si prenderà il carico di supportare i ragazzi da un punto di vista emotivo? Lo chiederemo ancora alle famiglie? Anzi, lo delegheremo ancora alle famiglie senza nemmeno chiederlo esplicitamente e senza riconoscerne il carico? Perché questo è quello che sta succedendo adesso. Mi dispiace ammettere che in questo marasma, privi troppo spesso di guide istituzionali preparate e capaci e disponibii ad assumersi la responsabilità di scelte anche scomode, gli insegnanti hanno spesso brancolato nel buio.
Pietro avrebbe dovuto affrontare l’esame di terza media, che, per la maggior parte dei ragazzi, avendo abolito l’esame di quinta elementare, è il primo vero esame della vita: bene, ad oggi si sa che sarà sostituito da una tesina con valutazione del consiglio di classe. Nemmeno la possibilità di discuterla o presentarla anche a distanza è stata lasciata agli studenti, che verranno quindi chiamati ad essere degli ottimi compilatori di contenuti. E, naturalmente, questa decisione, che arriva dal Ministero, è stata comunicata tra le righe di articoli sulla scuola e al fondo degli esami di maturità. Per carità, capisco che ci siano delle priorità, ma vorrei ricordare ai nostri esimi legislatori che il percorso scolastico è, appunto, un percorso: non c’è un passo che non parta dal precedente, non c’è apprendimento che possa prescindere da ciò che è stato fatto prima, quindi, ignorare dei pezzi perché è troppo complicato cercare di fare meglio, trovo non sia l’approccio corretto per l’oggi, ma nemmeno per il domani.
No, non mi permetto di dire che avrei fatto diversamente, non invidio chi si trova a Roma a dover prendere decisioni, ma un corso intensivo di comunicazione lo imporrei, o inviterei dei ghost writer realmente preparati a scrivere dei comunicati e dei discorsi un po’ meno approssimativi e falsamente demagogici. Giusto per riflettere.