In questi ultimi giorni, da donne diverse, mi sono sentita dire la stessa cosa: i colleghi (o il capo) sembrano non capire che voler fare un lavoro fatto bene non è una questione personale e di affermazione del proprio ego, ma una necessità per il lavoro stesso. Persone diverse, in realtà lavorative completamente diverse, che però ricevono la medesima risposta e subiscono il medesimo atteggiamento da altri professionisti di sesso maschile.
Cari uomini, vorrei illuminarvi su una cosa fondamentale: le donne, esattamente come voi uomini, lavorano perché è una necessità per vivere. Se sono fortunate fanno un lavoro che piace loro, ma non per questo sono esseri primordialmente devoti al lavoro, che non sono in grado di discernere quanto è dovuto da quanto è necessario. Ed esattamente come voi, ci sono donne ambiziose che voglio fare carriera, donne che trovano una profonda realizzazione nel proprio lavoro e altre che lo fanno con cura, ma che cercano la propria personale identità in altre aree della loro vita. Di qualunque donna si tratti, però, le donne hanno una tendenza piuttosto diffusa: pensano. Sì, pensano. Se devono affrontare un progetto, riflettono su come svolgerlo, in quale modo, con quali strumenti e cercano la strada migliore per non dover ‘tornare sopra’ alle cose già fatte, per non doverle riprendere in mano perché fatte la prima volta con incuria, superficialità o fretta. E, ancora una volta, non si tratta di pedissequa dedizione al lavoro, ma lungimiranza, prevenzione, miglioramento del risultato non solo nell’immediato, ma sul lungo periodo. In una semplice chiosa: evitare di avere rompimenti di maroni successivi perché le cose non sono state fatte nella maniera migliore la prima volta. Ecco, questa capacità di prevedere il futuro (sarà che, si sa, le donne sono anche un po’ streghe) rende spesso le profesisoniste donne, attente ad ogni particolare…ma subito, non domani quando il particolare è diventato generale ed è diventato un problema da risolvere.
Giusto per condividere.