Sabato sono tornata al cinema dopo più di sei mesi dall’ultima volta. Che emozione! Non sono una frequentatrice assidua, né una competente cinefila, né un’appassionata di alcuni generi particolari, direi piuttoto che spilucco qua e là, guardando pellicole che semplicemente mi ‘ispirano’. Sì, che mi ispirano qualcosa, che smuovono la mia curiosità e forse anche la pigrizia e mi portano ad immergermi in una visione non semplicemente casalinga.
Ci sono andata da sola. La prima volta che l’ho fatto è stato alcuni anni fa. Ammetto che ho dovuto vincere qualche tabù per farlo, l’abitudine mi aveva sempre portata ad essere in compagnia davanti al grande schermo, che si trattasse di bambini, amiche, fidanzati, c’era sempre qualcuno nella poltrona accanto che condivideva con me la visione. Ma la verità è che non serve compagnia al cinema. Certo, al cinema si può chiacchierare prima dell’inizio del film, durante la proiezione di quelle orrende pubblicità che lasciano il pubblico in attesa dello spegnimento delle luci, ci si può tenere per mano a scacciare la paura o a condividere l’emozione, ci si può baciare sfruttando la penombra come quando, da ragazzini, il buio non lasciava trapelare il rossore delle guance, ma la verità è che al cinema ciò che è importante è quel pezzetto di vita, reale o immaginata, che andiamo a vedere e nella quale ci immergiamo per qualche ora. Intendiamoci, non che non sia piacevole andare in buona compagnia a vedere un bel film di cui poi parlare all’uscita, ma se la compagnia non c’è poco importa, sarà il film a sostituirla e a non farci sentire soli fino all’ultimo titolo di coda.
Bé, comunque, sabato sono andata a vedere ‘Volevo nascondermi’, il film sulla vita di Ligabue. Una meraviglia, un film in punta di pennello, con una interpretazione veramente magistrale di Elio Germano che ha asservito il suo corpo alla fisicità di un uomo complesso, ferito, offeso, pieno di cose da dire, ma impossibilitato a farlo, in una relazione difficile con se stesso e il mondo. Conoscevo molto poco della biografia di Ligabue, poco di più delle sue opere, che francamente non ho mai amato in modo particolare, ma il film è riuscito a farmi penetrare nel corpo dell’artista in un modo così profondo da obbligarmi a mettere in discussione tutto ciò che credevo di aver visto fino ad allora, obbligandomi a una rilettura nuova: non necessariamente destinata a un apprezzamento maggiore o contrario, ma indubbiamente più ricca e profonda. E’ un film forte, crudo per certi versi, profondo, molto interessante. Bello. Questo è il cinema che mi piace. Fatto bene, non banale, accurato, capace di tenermi lì con la testa e magari anche con il cuore dall’inizio alla fine. Che mi faccia venire la voglia di parlarne, perché è una cosa bella. E le cose belle rendono la vita migliore. Sempre.