Non smetto mai di parlare.

C’è chi apre e chi chiude.

La scuola ha riaperto, è ricominciata da una settimana e sono comparsi i primi casi. Le prime quarantene necessarie per intere classi. E’ il prezzo che dobbiamo pagare, ma va bene così. Anzi, va benissimo così pensando ai mesi passati. Ho visto i miei figli entusiasti, carichi, emozionati, fiumi in piena al rientro da scuola. Ho visto nei loro occhi la gioia della relazione, anche con le mascherine, anche con la distanza, ma chi se ne frega: loro si sentono insieme comunque. E hanno degli obiettivi, ogni giorno, ogni ora del loro orario scolastico. Nuovi prof, nuove materie, nuove prove. Poi arriverà la noia della scuola, come è normale che sia, ma che avessero un bisogno vitale di tutto questo non ci sono dubbi. Al di là delle paure e dei rischi. Speriamo solo che la scuola, la ‘macchina scolastica’, regga gli urti, le frecciate che arriveranno continue dal virus, che non si lasci fermare, abbattere, ma abbia abbastanza forza e pazienza per andare avanti. E’ iniziata la roulette russa dei contagi, dobbiamo farci i conti, pensare che ogni giorno in cui i ragazzi sarnno in classe sarà anche un po’ un colpo di fortuna, ma va bene così.

La struttura di mia madre ha invece richiuso alle visite. Per poco, non a lungo, ma ha dovuto farlo per avere il tempo di fare controlli e accertamenti, tutto in via precauzionale, ma assolutamente necessario. E’ il prezzo che dobbiamo pagare, ma va bene così. Anzi, va benissimo così, pensando ai mesi passati. La tutela della salute viene prima, per lei, ma soprattutto per l’intera comunità di cui fa parte. Negli ultimi giorni però mi sono soffermata sempre più spesso a pensare quanto questo maledettissimo virus le ha tolto: stiamo preservando la sua salute fisica a discapito purtroppo (e intendetemi bene, non per mancanza di chi si prende cura di lei a cui va sempre tutto il mio ringraziamento) di una salute emotiva, la cui cura in questa situazione diventa secondaria. Ma mentre chi si trova ‘nel mezzo di cammin di propria vita’ può delegare al futuro ciò di cui oggi non può godere, per chi si trova ben più avanti in quel cammino e per cui il futuro non ha certezza comunque, ciò che viene sottratto oggi non è detto si possa poi recuperare. Piccoli malesseri le capitano e quando mi dice che in quei momenti vorrebbe avermi vicina mi si apre un buco dentro; allora mi domando veramente se preservare la sua salute oggi, per un futuro che non sarà mai quello che le augurerei, giustifichi il dolore che le provoca la mia lontananza in quei momenti. Ma so che è una domanda alla quale, fortunatamente, non posso rispondere io con una mia libera scelta, ma c’è chi lo fa per me in una logica molto più ampia e non affogata dall’emotività.

Aprire, chiudere, distanziare, isolare sono i verbi che abbiamo imparato a conoscere da inizio anno e che hanno sostituito abbracciare, condividere, affiancare, affollare rendendo la vita più tutelata, controllata, regolamentata, indubbiamente sicura a discapito però della relazione umana. Quanto mi mancano gli abbracci con le amiche, i baci di saluto, le pacche sulle spalle per complimento, le passeggiate a braccetto, le risate a bocca aperta, i gruppi rumorosi e accalcati, i concerti con la gente che canta e si sbraccia, i viaggi fuori confine. In certi momenti mi rassegno, pensando appunto che… nel mezzo del cammin della mia vita mi ritrovai per una selva oscura…ogni cammino porta da qualche parte e la destinazione forse è più vicina di quanto mi sembri e allora sarà tutto più bello…e i ragazzi potranno andare a scuola sbuffando e non rischiando ogni giorno di essere rimessi in dad…e potrò abbracciare mia mamma e la distanza da lei sarà determinata solo dal mio tempo e dalla mia pazienza.

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