Non smetto mai di parlare.

Cronache dal primo (ennesimo) giorno di DAD.

Ore 5:10 – suona la mia seconda sveglia…la prima è suonata dieci minuti prima. Preparo la moka, mando un bacio del buongiorno che il fidanzato troverà sul telefono al suo risveglio, controllo velocemente gli ultimi messaggi.

Ore 5:20 – sveglio Pietro perché deve fare i compiti di latino che ieri ha lasciato indietro perché… ‘mamma è l’ultimo giorno di libertà prima della zona rossa, ho lezione al conservatorio poi vado a girare il video di Andrea, poi dovrei incontrarmi con la SQ (alias la squadriglia scout), ma tutto non riesco e lo so, ma i compiti li farò stasera’. E come potevo dirgli di no, l’incombente chiusura ci mette tutti a disagio, ci fa sentire costretti ancor prima dell’inizio, decido di lasciargli la libertà di eccedere nei tempi e, vedendolo morto sul divano alle nove di sera gli suggerisco un’alzataccia ‘hai ragione mamma, tanto poi non posso fare altro… al massimo dormirò al pomeriggio’.

Ore 5:50 – ho già bevuto il caffé, ficcato i piatti di ieri sera in lavastoviglie e programmato la partenza per tre ore dopo. Mi metto al computer e macino files. La lista dei ‘to do’ in un post-it attaccato sulla scrivania. Ogni tanto vado a controllare Pietro… lavora seduto sul letto e traduce…quel quattordicenne in pigiama mi sembra ben più grande della sua età e mi appare come la cosa più bella con cui iniziare la giornata.

Ore 6:30 – ho inviato due lavori e messo mano al terzo, è il momento di una doccia veloce e di vestirmi. Ne approfitto per fare la lista delle cose da fare, tra spesa, lavanderia, riordino, visita alla mamma (ammesso che ancora la concedano).

Ore 7:00 – inizio a chiamare Thomas, che si rivolta nel mio letto e solo dopo qualche minuto compare barcollante in sala per rimettersi sul divano per le coccole mattutine. C’è un po’ di margine in più del solito, le lezioni inizieranno alle 8:10 e non c’è distanza dalla scuola, se non quella che separa la sala dalla sua camera. Ieri sera, ricerca delle cuffie perché l’altoparlante del suo computer lo ha macellato nell’ultimo lockdown: voci gracchianti, volume sballato, occorrono cuffie (e che gli piacciano) per seguire le lezioni.

Ore 7:30 – Pietro ha finito i compiti e vaga ancora in pigiama per casa. Colazione in cucina, mentre anche Thomas prende coscienza del mondo. Invito entrambi a vestirsi e a prepararsi per le lezioni.

Ore 7:45 – terzo lavoro inviato, ma adesso devo assicurarmi che la scuola cominci nel modo giusto. Con Pietro prepariamo il computer di Thomas, collegamento, cuffie, sembra tutto funzionante. Ah no, il computer è completamente scarico, quindi alimentatore attaccato e via. I primi compagni arrivano alla spicciolata e dalle 8 la classe inizia a riempirsi. Thomas, cuffie in testa, è pronto per il primo (ennesimo) giorno di DAD.

Ore 8:10 – mi risiedo al mio computer e immagino di iniziare anche la mia giornata lavorativa, quando compare Pietro, trafelato quasi avesse corso una mezza maratona, cercando nel mio studio un alimentatore…’mamma ci penso io, non ti preoccupare’…le parole che fanno saltare sulla sedia ogni genitore: tu, figlio, mi inviti a non preoccuparmi e in me scatta l’immediato radar del pericolo incombente. ‘Scusa Pietro, ma il tuo alimentatore dov’è? Hai il computer scarico?’ ‘Mamma non ti preoccupare, te l’ho detto, ci penso io. Sì è quasi scarico, ma ci penso io’. Considerando che ancora l’energia in proprio non è in grado di produrla, ho l’impressione che il suo desiderio di autonomia si fermerà davanti a quell’alimentatore che ha preso da una mia borsa e che so già non funzionare…ma, seppure avvisato, non mi ascolta.

Ore 8:12 – parte l’incazzo, perché due computer hanno abitualmente due alimentatori, ma i miei figli si vogliono così bene da condividerne uno solo perché il secondo è a casa del papà…e nessuno si è preoccupato che la DAD era pronta ai blocchi di partenza… Mi metto scarpe e giacca e all’ennesima imprecazione e al primo scambio di alimentatore tra i due pargoli, faccio una volata a casa dal papà a recuperare l’alimentatore agognato…fortuna che la distanza è poca.

Ore 8:30 – ok la partenza ora è effettiva. Energici (i computer!), ‘parcheggiati’ (i figli), forse posso darmi al quarto lavoro. Ho anche fatto partire la lavatrice così da mettermi avanti per la giornata. Lo so, lo so, la roba rimarrà a decantare umida fino a sera perché me ne dimenticherò, ma sarà comunque già lavata.

Ore 8:40 – salta la luce. Meraviglia. E ho il lampo improvviso della lavastoviglie che stava andando e della lavatrice che le ha fatto compagnia. Chiudo gli occhi e respiro, indosso di nuovo le scarpe e vedo comparire Pietro nel corridoio, realizzando con orrore che insieme alla luce è saltata la wi-fi che collega i computer alla rete. Compaio in camera di Thomas e lo guardo fissare il monitor nero… I miei occhi sgranati chiamano l’intervento di Pietro ‘mamma non ti preoccupare (e questa volta è vero) faccio l’hotspot con il mio telefono e partiamo subito’. Volo in garage a riattaccare la luce (ah prima spengo la lavastoviglie) e quando rientro tutto sta funzionando. Mi sembra un miracolo questa casa che ormai è diventata abitazione, scuola, ufficio tutto in uno.

Ore 9:00 – dopo quattro ore dal risveglio mi sento stanca come dopo una settimana di lavoro, ma è vero che le risorse sono infinite ed è altrettanto vero che mi separano almeno altre 13 ore dal letto. Pronta al secondo caffè mi approssimo alle loro camere e li sento entrambi parlare, sembra funzionare tutto. Tra un po’, a turno, li vedrò ricomparire in sala durante le pause, ciondolare in cerca di relazione e di merenda, che si procacceranno direttamente dal frigo. E così, verso l’una, sarà passato anche questo primo (ennesimo) giorno di convivenza stretta, ma che fatica!

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