La rabbia è la cifra della vita moderna.
Lo noto sempre più spesso, ovunque, in persone molto diverse tra loro per età, cultura, ambiente. Lo noto sempre più spesso a fronte di minuzie, inezie, dettagli, sui quali sarebbe sufficiente sorvolare e non succederebbe nulla. Invece. Invece ci si sofferma eccome: si puntiglia, si sottolinea, si fotografa per documentare, si posta, si riposta, si riposta ancora perché troppo pochi hanno lasciato il loro like, si accusa e via con parole e gesti (proferite, sussurrate o anche taciute ma rese evidenti dall’espressione del viso) che trasudano rabbia che non vede l’ora di esplodere.
Ci si arrabbia perché il vicino ha parcheggiato male e infilare la macchina accanto diventa impossibile e saremo costretti a fare anche solo venti passi in più. Che rabbia.
Ci si arrabbia perché il corriere ha lasciato il nostro pacco incustodito nell’atrio a rischio di furto e, anche quando il furto non c’è stato perché viviamo in un condominio che è la nostra seconda famiglia, il solo rischio corso ha reso quella consegna sovraccarica di ansia. Che rabbia.
Ci si arrabbia perché il cameriere ha sbagliato la comanda e la nostra pizza non era rossa, ma bianca e anche un daltonico vedrebbe la differenza, costringendoci ad aspettare altri dieci minuti perché possa essere rifatta. Che rabbia.
Ci si arrabbia perché ‘tizio’ non ci ha salutato e sicuramente lo ha fatto apposta ,anche se stava sfrecciando in bici, sotto la pioggia, con il k-way a coprire la bocca e non ha guardato verso destra ma solo dritto verso la strada.
Ci si arrabbia perché il pane non è abbastanza fresco, il conto è troppo caro, la musica è troppo alta; perché piove o perché non piove da giorni, perché c’è caldo, perché c’è troppo caldo, perché c’è freddo, ma non nevica a Natale; perché come cittadini non possiamo decidere nulla, ma il referendum nel weekend in cui vado al mare non ci sta; perché è lunedì, ma anche il venerdì non è meglio; perché ho aspettato quattro ore al pronto soccorso perdendo un sacco di tempo, ma non la vita fortunatamente e quei codici rossi vorrei proprio vedere se sono rossi davvero o sono amici dei medici là dentro; perché sì va bene, ma potrebbe comunque andare meglio e poi che ne sai tu di come va a me; perché quello nella macchina davanti ha perso almeno cinque secondi prima di partire con il verde e io ho fretta e lui è evidentemente un imbambito; perché quello là, sì proprio ‘quello là’, mi è passato davanti in fila al supermercato e io non ho detto niente, ma gli spaccherei la faccia; perché la signora anziana in fila in posta potrebbe evitare di andarci proprio quando ci vado io, tanto ha tempo, non ha altro da fare che aspettare di tirare le cuoia; perché a quei ragazzini tutti vestiti uguali, un po’ maranza, un po’ farabutti, perché non ho dubbi che lo siano, gliela farei vedere io e anche ai loro genitori, magari anche ai cugini, agli zii, ai parenti almeno fino al secondo grado, così ci assicuriamo di estirpare l’erba cattiva; perché a Roma sono tutti ladri, da sempre e quindi li brucerei tutti, manco ci vado a votare tanto non cambia nulla; perché i vaccini sono frutto di un complotto, i giornalisti fanno parte di una lobby, gli avvocati sono dei raccomandati, per non parlare dei notai – la firma la so fare anch’io ed è pure più bella, gli infermieri degli sfigati che non sapevano cosa fare; ci si arrabbia perché l’olio di palma è una bufala solo per farci spendere di più; il surriscaldamento globale è un racconto di fantascienza – già non mi piace leggere, figurati se mi interessano gli audiolibri; perché i parchi sono rovinati dai cani e dalle loro defecazioni; perché la raccolta differenziata non serve a nulla se non a far guadagnare ‘quelli là’ e così le città sono bidoni a cielo aperto e io il pattume lo butto quando mi pare.
Quanta meraviglia.
Quando mi imbatto in persone rabbiose, qualcuna molto sottilmente, perché magari soffre di quell’invidia fetente che rasenta la rabbia e sorride a denti stretti e cerca di instillare il germe della rabbia anche in te, non riesco a fare altro che sorridere amabilmente, non a detti stretti, ma a bocca larga.
Dalla rabbia non nasce nulla di buono purtroppo (fosse un motore di cose positive avremmo un mondo lanciato a velocità supersoniche): non nascono idee, progetti di miglioramento, relazioni, speranze, ma solo altra rabbia, che tracima nell’odio, sfocia nella violenza e, nel migliore dei casi, in un mal di stomaco costante con reflusso annesso.
Continuo a pensare che volersi un po’ bene aiuterebbe a stare meglio.
PS: certo, mi arrabbio anch”io. Talvolta, occasionalmente. Ma dura sempre molto poco. E’ un sentimento così lontano da me, non riesco a riconoscermici. Sono fortunata? Può essere. Scelgo di sorridere, in quello mi riconosco davvero e mi piaccio molto più di un po’.