Credo che la paura sia legittima. O meglio, naturale e forse inevitabile. Ennesimo bollettino che certifica l’aumento dei casi, certo ce lo aspettavamo, ma chi non ha sperato che non avvenisse anche in Italia. Sembravamo essere stati così bravi da essere diversi dai nostri vicini europei, ma temo che siamo solo un po’ indietro. E, per carità, indietro va bene, ma la meta è ancora lontana e la velocità con cui li raggiungeremo temo alta. E pensare che un anno fa nemmeno sapevamo cosa fosse il distanziamento. Le mascherine le indossavamo sugli occhi a carnevale e i guanti ci dilettavamo a perderli d’inverno per arrivare alla stagione successiva con un cassetto di manopole spaiate a far compagnia ai calzini rigettati dalla lavatrice.
Eppure, questa è la nuova realtà.
Che sia facile accettarla non credo proprio, che la speranza di tornare al ‘prima’ sopravviva sotto la coltre della paura e della frustrazione credo sia comune, che gli alti e bassi umorali rendano finalmente uomini e donne vicini, quasi in un costante ciclo pre e dopo mestruo credo sia un dato di fatto. Certo che qualche giorno è più difficile da accettare e onestamente mi rifugerei sotto al piumino, che è ricomparso con i primi freddi, in un letargo dal quale risvegliarmi solo a pandemia finita. Mi dicono però non sia possibile. I figli hanno fame, sete, sonno, compiti da fare, lezioni da studiare. I clienti…anche loro hanno fame, sete, sonno ma soprattutto fretta, urgenza, per ieri, anzi no per l’altro ieri perché domani è tardi e con il week end casca il mondo e il lunedì ti aspettano al varco. Mia madre non è da meno, ha fame (perché non mangia, quando mangia perché non le piace, se mangia perché lo dimentica), sete (perché l’acqua la vuole fredda, ma meglio il chinotto e anche il the, ma non ‘quello’, ‘l’altro’, perchè ‘quello’ non sa di buono, mentre ‘l’altro’ è buonissimo e che ‘quello’ e ‘l’altro’ siano uguali poco importa), sonno (perché non dorme e se dorme non ricorda neppure quello), ma soprattutto rabbia, che della pandemia se ne fa un baffo e arriva dove arriva e si impara a diventare bravi nelle schivate al volo. E alla fine anch’io ho fame di cose buone da assaporare, sete di cose belle da trangugiare con gli occhi e sonno per il troppo pensare a chi ha fame, sete e sonno.