Ci sono momenti in cui mi tornano alla mente ricordi dell’infanzia dei miei figli, anche se, man mano che crescono, le loro infanzie tendono sempre più a confondersi in un’unica massa in cui fatico a distiguere quale ricordo appartenga all’uno e quale all’altro, un po’ come i disegni che colorano il mio studio: dove manca la firma l’attribuzione spesso è incerta. Stamattina, ad esempio, non ricordavo a quale dei due piacessero le macchine della polizia, pur ricordando che le additava con entusiasmo ogni volta che le incontravamo. Altri ricordi invece sono ancora ben distinti: Pietro andava matto per un programa televisivo, Sportacus, dove una specie di supereroe, super sportivo, super salutista viveva nella città immaginaria di Lazy Town e lottava contro la pigrizia. Thomas invece impazziva per Cars e Saetta McQueen era il suo idolo, seppure provasse una grande attrazione anche per Chick Hicks, il grande e storico nemico, non sempre leale.
Man mano che i figli crescono, l’essere madri cambia di forma, seppure non di sostanza. Quando erano piccoli conoscevo a memoria le canzoni dello Zecchino d’Oro (quelle ‘storiche’…dal Caffé della Peppina al Torero Camomillo, passando per Popoff), sapevo quanto pesavano, che numero di scarpe portavano, il gusto di gelato preferito e le cose che più li spaventavano. Per non parlare di quando sapevo come addormentarli, come cullarli durante le coliche, ero capace di acrobatici cambi in posti improbabili anche nelle stagioni più fredde, combattendo con i diciotto strati di vestiti che li coprivano. Sapevo i nomi dei compagni di asilo, delle tate e avevo attaccato al frigo il menù della mensa per conoscere ogni giorno di cosa li arricchiva la loro dieta equilibrata studiata dalla CIR.
Adesso ricordo ancora il numero di scarpe, ma non conosco il loro peso e, se in una visita me lo chiedono, li guardo interrogativa sperando che siano loro a conoscerlo. Quando devo comprare il gelato devo chiedere cosa vogliono, pur avendo una vaga idea delle preferenze, ma rendendomi conto ogni volta di non essere così aggiornata sui cambi di gusto che hanno fatto. Se cercano la loro maglia preferita e non la trovano, li invito a cercare direttamente nel cesto del bucato, se hanno fame e il pranzo non è pronto li lascio aprire il frigo e scegliere ‘a caso’ tra quanto disponibile. Con Pietro mi capita anche spesso di non sapere se ha mangiato, quando si ferma a scuola, e, men che meno, cosa. Non ricordo mai una volta i nomi dei cantanti che seguono, quelli di Pietro perché supera di gran lunga la competenza musicale media mia e dei più, quelli di Thomas perché non rientrano nella fascia di cosa ascoltabili a mio gusto. Conosco i nomi di cinque o sei compagni di classe, quelli che con più frequenza mi nominano, mentre ancora conosco tutti i nomi dei professori e le relative materie. So quando hanno una verifica, ma non sempre se sono preparati.
Oggi divento mamma taxi spesso, quella che recupera, porta, recupera di nuovo e riporta di nuovo. Ma divento anche mamma agenda, quella che ricorda gli impegni, gli orari, gli appuntamenti, rimbrotta e sollecita, sveglia e prepara pranzi al sacco. Ogni tanto sono mamma memoria, quella che ricorda le vaccinazioni fatte, le cadute rovinose, le allergie, le visite e compila moduli con dimestichezza. Mi capita anche di essere mamma che sbaglia, quella per cui arrivano in ritardo, non hanno portato la felpa, la giacca, le scarpe…perché ‘mamma non me lo hai ricordato’. Per non parlare di mamma antipatica che rompe, quella che vuole vedere gli esercizi fatti, ricorda la prossimità all’esame, sollecita la preparazione dello zaino e lo svuotamento dello stesso che altrimenti giacerebbe in corridoio per i mesi successivi. Eppure..
Eppure mi basta guardarli per capire che c’è qualcosa che non va. Lo leggo nei loro occhi, tanto quanto sono felici. E loro lo sanno. Sanno che io ci sono, sempre e comunque. Che anche se arrivano lunghi, io cerco di risolvere, li supporto e li aiuto, mentre cerco di insegnare loro a crescere in modo giusto, responsabile e maturo. Sanno che mi ricordo quello che mi raccontano, magari perdo qualche dettaglio e confondo i nomi, ma se loro ci tengono io trattengo in memoria e sono pronta ad accogliere il racconto successivo. Sanno che mi fido di loro, in una misura adeguata all’età, che non li rende liberi di fare ciò che vogliono, ma li rende autonomi nel prendere alcune decisioni commisurate alla loro capacità di esserne responsabili. Sanno che non capisco nulla di sport, di musica poco, di fisica ancora meno, ma sanno che questo non mi rende disinteressata a loro, semplicemente dovranno aiutarmi a capire ciò che di importante vogliono dirmi e sarò pronta a condividere il loro entusiasmo. Sempre. Sanno che possono provare, e lo faranno, a nascondermi delle cose, ma che prima o poi le scoprirò e allora sarà peggio che dirmele al momento giusto. Sanno che sono dalla loro parte, sempre, ma che non darò loro ragione a prescindere; sarò sempre disposta ad ascoltare e cercare di capire, ma non mi sottrarrò mai all’infelice compito di dirgli che stanno sbagliando, se così è, e di rendermi disponibile, finché potrò o avrà senso, ad aiutarli a rimediare.
Mentre loro crescono cambia la forma della nostra relazione, ma non la misura, che è sempre immensa e radicata nel profondo del cuore. Thomas è ancora bambino e mi ritrovo spesso a recuperare forme da mamma che culla, in un’alternanza di cambi di umore e ruoli che neppure Fregoli si sarebbe attentato a mettere in scena. Invece scherzo spesso con Pietro, mi prendo in giro da sola, gli racconto anche di me, dei miei errori e delle mie speranze, condivido con lui l’entusiasmo per quello che mi piace e lo coinvolgo laddove possibile. E lui ogni tanto ride, scuote la testa, ma alla fine ci abbracciamo e so che tutto contribuisce a ricordargli che io ci sono, sempre e per loro sono pronta a scalare montagne (ora che poi ho anche delle scarpe da trekking…mai impresa è più facile) e attraversare oceani e nel mentre gli ricordo l’ora della lezione, la verifica di matematica, il compleanno dell’amica, il libro da ordinare, la festa del papà, la gentilezza, l’educazione e l’affetto.