Non smetto mai di parlare.

Non sapevo

‘Eh, tu sei uno sfigato perché non hai conosciuto la tua mamma e il tuo papà veri’. Sì, ero preparata, come qualunque genitore che affronti un percorso di adozione, ero preparata a sentirlo, ma non si è mai preparati alla loro faccia intrisa di dolore, che cerca di non mostrarsi, ma trapela dagli occhi che ti guardano in cerca di risposte. E quante risposte da darti avrei figlio mio, partendo dal fatto che tu sei mio figlio dalla punta estrema del tuo ciuffo ribelle fino ai piedi ancora minuscoli per la tua età, pur senza essere passato per la mia pancia. La mia ‘verità’ di madre non è messa in discussione da una tua nascita a chilometri di distanza, non c’è essere più ‘vero’ di quanto mi senta io al tuo fianco, non c’è amore incondizionato più ‘vero’ di quello che ti ha abbracciato scricciolo e ti tiene per mano giorno dopo giorno. La cattiveria è insita nell’essere umano e nei bambini che diventano ragazzini si manifesta di continuo, rafforzata da una maleducazione di fondo che non ha paura di fare male.

Ho scelto di essere madre due volte e, fortunatamente, l’ho fatto con una buona dose di incoscienza. Sì, perché se si sapesse tutto ‘prima’ probabilmente decidere sarebbe più complesso. Perché del dolore, anche quello mai provato, ne puoi immaginare la forma e, anche se distante dal reale, è sufficiente a spaventare e per istinto di sopravvivenza a farci andare lontano, mentre della gioia immaginiamo i confini solo dopo averla provata e senza essere madre non avrei potuto immaginarne la portata. Non sapevo neppure quanto le vostre vite sarebbero diventate la mia, quanto i vostri dolori sarebbero diventati i miei e quanto le vostre gioie sarebbero diventate le mie. Non sapevo che avrei dovuto inventare modi per farvi ridere, perché la vostra risata naturale e spontanea è nutrimento per il mio cuore. Non sapevo che avrei dovuto imparare a tacere (e ancora sono molto manchevole) lasciandovi sbagliare davanti ai miei occhi, trattenendo il respiro, prevedendo il risultato, ma conoscendo il beneficio dell’errore al quale andavate incontro. Non sapevo che avrei dovuto accogliere le vostre lacrime, impotente se non nell’ascolto e nella comprensione, ingoiando il boccone amaro di non potermi caricare della vostra sofferenza, ma soltanto starle accanto. Non sapevo che avrei dovuto spiegarvi quanto possa essere difficile essere se stessi e imparare a farne una forza senza esserne schiacciati. Non sapevo che la vostra diversità da me sarebbe stata motivo di orgoglio ma anche, a tratti, disarmante, rendendomi priva di facili soluzioni, parole o idee per starvi accanto. Non sapevo che essermi figli non vi sarebbe stato sufficiente per comprendere scelte e imposizioni a voi sgradite, per età e competenza. Non sapevo che vi avrei osservati nel sonno e mi sarei trattenuta dallo stringervi a me solo per non svegliarvi e non poter godere più a lungo di quel punto di vista privilegiato a me concesso.

Quanto io sia ‘vera’, figli miei, lo sapete e lo vedete ogni giorno, nel casino della mia scrivania, nella cena preparata al volo, nelle coccole sul divano, nelle corse per arrivare, nelle parole che abbondano, negli abbracci in corridoio, nelle sgridate per il pattume e i vestiti buttati sul pavimento, nei regali per il compleanno, nei promemoria per la festa del papà, nei biglietti lasciati in cucina, nei film durante i quali mi addormento, nell’ascolto delle vostre giornate, nei permessi per uscire, nei cuscini raccolti da terra e nelle sedie ricomposte, nei compiti controllati, nelle lezioni ripetute e nell’amore che rimane, sempre e comunque.

1 commento su “Non sapevo”

  1. ‘La cattiveria è insita nell’essere umano e nei bambini che diventano ragazzini si manifesta di continuo, rafforzata da una maleducazione di fondo che non ha paura di fare male’
    Verissimo!
    Un abbraccio!
    K.

    Rispondi

Lascia un commento