Sono stata a Parigi la prima volta quando avevo circa otto anni. In giro con mia madre e lo zio Mirko, a passeggio per la città dove avevano vissuto per anni e che visitavano forse per la prima volta da turisti e non da residenti. Non ho molti ricordi di quella prima visita, ma ho in mente due foto che mi scattò Mirko al Giardino delle Tuileries. Una salopette rossa, in piedi su una panchina di granito, messa in posa a imitare le Tre Grazie, un gruppo scultoreo di grande bellezza che mi aveva colpita. Uno scatto su una gamba sola, in una posa fintamente e goffamente danzante e un altro a braccia incrociate con lo sguardo e il sorriso ammiccante che ancora mi riconosco. Avevo un caschetto nero che mi incorniciava il viso, le braccia scoperte e le scarpe da ginnastica.
Di quella visita ricordo l’emozione provata visitando Notre Dame e la Saint Chapelle. Il colore e la luminosità dei vetri intarsiati, la leggerezza che donavano ad edifici imponenti che sembravano pizzi e merletti traforati ad arte. Il Louvre non aveva ancora la piramide di vetro ad accogliere i visitatori e non c’era ancora traccia del grande arco della Defense.
Ricordo l’ammirazione che provavo per la dimestichezza con cui Mirko, ma anche mia madre, si destreggiavano in una lingua straniera. La capivano, la parlavano e, al bisogno, la scrivevano, con naturalezza. Io provavo a mettere insieme qualche parola, riportandomi a casa il patrimonio di ‘je ne parle pas français’, che era la soluzione a ogni domanda che mi rivolgevano, attribuendomi altrettanta dimestichezza nella lingua dei miei accompagnatori, ma rimanendo inevitabilmente delusi.
Alloggiavamo nel Quartiere Latino, il quartiere preferito da mamma e Mirko, all’Hotel Andréa, anche questo meta ricorrente per i viaggi che avrebbe fatto Mirko negli anni sucessivi. Ricordo la strada, rivista in visite successive e il percorso, a dire il vero breve, per arrivare alla Cattedrale.
Sono trascorsi circa quarant’anni da quella prima volta e tra poco meno di tre ore approderò di nuovo nella capitale francese, senza salopette rossa e senza caschetto, ma sempre con il sorriso di quelle foto, benché più consapevole e rotondo, pronta a sfoggiarlo al meglio, nella gara eterna con le Tre Grazie.