Spotify mi ha proposto la mia playlist del 2020. L’ho guardata e accesa in sottofondo. A differenza degli altri anni però mi parla di un anno che ‘non c’è stato’. Mentre negli anni scorsi le canzoni mi riportavano a momenti, più o meno piacevoli che fossero, vissuti pienamente…quest’anno ogni brano mi riporta a momenti di un limbo costante e continuo nel quale mi sembra di aver galleggiato, un po’ sempre al limite dell’annegamento. Sarà che proprio ieri riflettevo sulla fatica che sento addosso e sulla sensazione di pesantezza che mi avvolge, non imputabile solo ai chili presi per distrarre la mente e trovare nel piacere della gola una sensazione di benessere seppure momentanea.
Mi sento sempre più in gabbia, con poche energie, anche solo quella di pazientare e sperare in un futuro a breve termine almeno diverso. Sono combattuta dalla voglia di lamentarmi per una situazione che non mi piace e di cui ho fatto letteralmente il pieno e la consapevolezza che tutto potrebbe andare peggio e quindi la necessità di ringraziare perché, tutto sommato, tutto va discretamente bene. Eppure il bicchiere mezzo pieno in questo momento non riesce a bastarmi. Sì certo, stiamo tutti bene di salute, anche mia madre sembra in direzione di guarigione senza aver avuto particolari problemi (grande traguardo vista l’età, le patologie pregeresse, il fisico e tutto il resto), eppure non riesco a farmelo bastare. E all’amarezza per un periodo che considero veramente pessimo si aggiunge la disapprovazione per la mia incapacità di accontentarmi. Eppure non poter viaggiare, uscire anche solo dai confini del Comune, poi della provincia e della regione mi fa sentire privata di una libertà di vita essenziale. Certo, magari nemmeno la sfrutterei completamente, ma avercela mi permetterebbe di annoverare tra le mie possibilità quella di scegliere come trascorrere una giornata…anche dovesse finire comunque sul divano davanti all’ennesima serie di Netflix. Sono pienamente consapevole della necessità delle restrizioni adottate e mi ci attengo in modo (abbastanza) ligio. Sì, abbastanza perché questa volta non ho accettato l’ennesima lontananza da chi condivide la vita con me, ma non la casa, e si frappone tra noi il limite comunale che ci vorrebbe distanti sempre. Anche questo… stavolta no. Se elenco quello che mi è stato tolto e mi manca da morire mi sento la coscienza sufficientemente pulita da accettare una trasgressione fatta per respirare un po’ meglio almeno ogni tanto.
Ciò che mi regala questo momento è solo la consapevolezza di quanto sia ricca, in tempi ‘normali’, la mia vita: ricca di passioni, di relazioni, di obiettivi, di programmi, di emozioni. Tutto archiviato in questa pandemia che ormai detesto con forza. Mi mancano le amiche, con cui condividere colazioni, cene e chiacchierate rumorose, sedute su cuscini e divani scomposti, a brindare all’amicizia e ai sogni; mi mancano le serate a cena fuori, per le quali scegliere l’outfit giusto, il trucco perfetto, la borsa coordinata al sorriso che nasce spontaneo quando si sta bene; mi mancano i progetti di viaggio, quando i chilometri e le distanze determinano solo il mezzo da usare per arrivare a destinazione; mi mancano i concerti, la musica a palla, la fila per entrare, le luci, i colori, il rumore e le canzoni urlate al vento; mi manca il palco, dove indossare panni non miei e costruire vite mai vissute, ma mi manca anche il camerino, dove condividere risate, paura, emozione con chi avrà l’attacco dopo il mio; mi manca una scuola ‘normale’, fatta a scuola e non a casa, o fatta sì a scuola ma talmente sovraccaricata dall’ansia di chiusura da diventare nevrotica; mi mancano le mostre e i musei, dove gli occhi si spalancano e il cuore batte più forte e il mondo intorno sparisce; mi manca la possibilità di sapere come sarà tra un mese e di avere punti fermi intorno a cui costruire e immaginare nuove cose.
Credo che sia un po’ il mood generale e, dopo l’andrà tutto bene dell’inizio, la grande paura dei mesi del lockdown con l’aspettativa di una fine a breve termine, una pausa estiva guardinga e sul chi va là, credo che adesso siano i mesi più difficili. La stanchezza di qualcosa che non ci piace e che perdura, la sfiducia nelle promesse che riceviamo perché le abbiamo viste fallimentari già troppe volte, la paura di sperare che ‘andrà tutto bene’ perché potrebbe non essere così, rendono tutto più complesso e pesante. Mi rifugio nel caldo pensiero del Natale che arriva, limitando il pensiero all’albero, alle luci, al Presepe, al profumo di zenzero e cannella cercando di recuperare pizzichi di energia ed entusiasmo aprendo le finestrelle del calendario dell’avvento che scandirà i giorni fino alla vigilia…rassicurazione del tempo che passa e che ci traghetterà in un nuovo anno a cui affido comunque la speranza di essere almeno diverso.