C’erano gli anni in cui appena rientrata a casa, giusto il tempo di appoggiare le valige, componevo il tuo numero di telefono per rassicurarti che il viaggio era andato bene e che, soprattutto, ero nuovamente a poca distanza da te. Erano gli anni in cui mi hai scritto, quando sono andata dall’altra parte del mondo a prendere un’altra parte di me, ‘ti prego non lo fare più, non andare più così lontana da me. La tua distanza mi toglie il fiato’. Non l’ho più fatto. Non ancora.
C’erano gli anni in cui mi facevi gli auguri per il compleanno. Spesso nel giorno sbagliato, ma non importava. Erano gli anni in cui mi hai telefonato angosciata credendo di esserti dimenticata la ricorrenza, ma era soltanto il giorno prima. Il giorno dopo non me li hai fatti.
C’erano gli anni in cui sceglievi un regalo immancabilmente sbagliato, al quale però sorridevo come fosse la cosa che più desideravo. Il pensiero è quello che conta, mi hai sempre insegnato. Erano gli anni in cui già sapevi di aver scelto qualcosa di non adatto e mi dicevi cosa conteneva il pacchetto prima ancora che lo potessi scartare. E la mia finzione si faceva doppia. La pashmina di simil seta credo non sia arrivata nemmeno nell’armadio: regalata a chi avrebbe potuto apprezzarla.
C’erano gli anni in cui per la festa di San Valentino, per quella della donna o per quella della mamma mi facevi recapitare a casa dal fioraio di turno una rigogliosa pianta, soprassedendo alla mia assoluta incapacità di curarle e ignorando il mio scarso desiderio di avere un giardino casalingo. Erano gli anni delle stelle di Natale che sfiorivano ancora prima che la Befana assolvesse al suo compito di portarsi via le feste. Fortunatamente l’innocenza bambina fatta Pietro un anno ti ha detto placidamente che le piante non mi piacciono, mentre amo i fiori. Non ci sono stati gli anni di mazzi fioriti, ma almeno non ci sono più stati quelli delle piante in vaso.
C’erano gli anni in cui la torta di compleanno veniva dalla stessa pasticceria di sempre, la migliore ( a tuo dire), ed era una millefoglie con crema chantilly, che tanto amavi, e sopra la panna. Quando andava bene c’era anche uno strato di cioccolato. Erano gli anni in cui il preparato per torte della Cameo, quello al cioccolato, quello che è venuto prima delle ‘versa e inforna’, era il mio preferito e la panna sulle torte non l’ho mai amata.
C’erano gli anni che non ci sono più. Non ci sono telefonate a rassicurarti, ma ci sono i messaggi di chi si prende cura di te a rassicurare me che va tutto bene (come sempre, insomma). Non ci sono auguri o regali di cui tu ti debba preoccupare, faccio tutto io perché so che per te è comunque importante: ti ricordo che è il mio compleanno, così che tu mi faccia gli auguri e mi compro un regalo che sarai tu a farmi e che scarteremo insieme, con uguale e condivisa sorpresa. Quest’anno non ci potrà essere nemmeno la torta, che però sarebbe stata la tua preferita, ma che mangeremo alla prima occasione quando il distanziamento non ci renderà più distanti di quanto la vita già non faccia.
Sono gli anni dell’inventarsi storie nuove ogni volta, senza distrarsi, svoltando e riscrivendo ad ogni inciampo. Purché le parole riempiano la distanza. Purché tengano lontano il pensiero. Il tuo dal futuro, il mio dal passato. Solo presente.