Non smetto mai di parlare.

Cara mammola,

un anno fa iniziavi a morire. A dire il vero tutti iniziamo a morire il giorno stesso in cui apriamo gli occhi sul mondo nel giorno della nostra nascita, il nostro tempo su questa terra è contato e limitato, ma un anno fa tu hai deciso, piuttosto consapevolmente, che non te ne facevi più nulla di vivere. Un po’ assecondando il tuo corpo che faceva sempre più fatica, ma soprattuto assencondando il tuo cuore che non trovava più gioia nel respirare e stare al mondo. Non c’erano più luci, suoni, colori, parole che ti scaldassero e ti facessero piacere, poche cose, pochissime, erano rimaste a farti sorridere. L’operatrice che ti parlava in francese, il pensiero dei nipoti, il ricordo di qualche amica. Troppo poche rispetto a tutto il resto che trovavi insulso, inutile e insapore. Dalla tua bocca è passato tutto.

E io l’ho colto un giorno guardandoti, a distanza. Qualcosa di impercettibile, ma non così impercettibile, era cambiato. Non era un momento, non sarebbe bastato aspettare qualche giorno per vederti riprendere forma e sostanza, ma sarebbero stati necessari giorni per vederti finalmente libera e leggera. Giorni pesantissimi, senza fiato, ma necessari come l’aria perché anche se la testa decide, il corpo ha i suoi tempi. Che possono essere anche molto lunghi. Troppo.

Fortuna che sono passati quei giorni e non devo ripassarci più in mezzo. Me lo dico spesso.

E l’anno scorso così è stato Natale. Un Natale senza Natale, un Natale non privo di festa, ma corto di fiato, un Natale non privo di luci, ma buio dentro. Era necessario. E so, con buona pace, di aver fatto tutto e solo ciò che dovevo, cercando di prendermi cura di te assecondando il tuo desiderio e facendolo mio.

E dopo un anno ritorna il Natale e oggi torneranno anche le letture natalizie al Ducale2, le ultime a cui hai partecipato…ma non c’eri già più, arrabbiata con il mondo e con me per essere costretta ad assecondare i battiti del tuo cuore.

E proprio per tutto questo ho deciso che questo Natale sarebbe stato sfavillante. Ne ho temuto l’avvicinarsi, ma poi ho capito che al calendario non potevo fare la guerra e l’unica arma era il contrattacco. Così ho una casa agghindata a festa, con luci, colori, elfi, alberi, gnomi, candele profumate e chi più ne ha più ne metta, come mi è sempre piaciuto e come è sempre piaciuto anche a te. E’ il primo Natale ‘senza di te’, ma è anche il primo Natale in cui potrai essere dove vorrai e magari il mio divano nuovo, tutto rosso, ti piacerà abbastanza da sedertici qualche momento ad ascoltare le canzoni natalizie che muovono l’aria. Ti sento più vicina che negli ultimi Natali, come se la libertà di pensarti ovunque voglio, non pensarti ‘confinata’ là dove avevamo fatto casa per necessità e dove ti hanno accudita per anni, spesso con amore, ti rendesse più vicina a me anche fisicamente. Strani i giochi che fa la mente o forse le strategie che inconsciamente adottiamo per sentire meno male.

E così, oggi ho anche messo le calze rosse con i pois bianchi, la maglietta rossa e la spilla di Babbo Natale, indosserò il cerchietto da renna e con la borsa carica di libri, come fosse il sacco di Babbo Natale, andrò a portare un po’ di magia ai ‘miei vecchietti’. In tanti, sai mamma, non ci sono più e si stanno godendo la libertà ritrovata nei loro luoghi del cuore, ma altri ci sono ancora e mi accolgono con tutto l’entusiasmo e l’affetto che si riserva a una nipote lontana che va a trovarli ogni tanto e finisce per ricevere molto più di quello che dà: sorrisi, abbracci, carezze, parole stropicciate, strette di mano. Le mano rugose e le dita un po’ storte degli anziani, che tanto mi ricordano le tue.

Buon Natale mamma. Con infinito amore.

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